Dan Simmons
“Mi sento in soggezione nei confronti di Dan Simmons”: se si pensa che a dire ciò è stato nientepopodimeno che Stephen King, riferendosi in particolare a L’estate della paura (1991, pubblicato per la prima volta in Italia nel 1994), non ci si può esimere dall’entrare in contatto con le opere di questo prolifico scrittore statunitense (nato a Peoria, Illinois, nel 1948), noto sopratutto per la saga di fantascienza conosciuta come i Canti di Hyperion, nonché per il ciclo di Ilium/Olympos e per la trilogia che ha come protagonista lo spregiudicato Joe Kurtz.
In realtà Dan Simmons è difficilmente collocabile all’interno di una precisa etichetta letteraria, in quanto è davvero uno dei pochi scrittori al mondo in grado di mescolare in maniera sapientemente attenta i generi più svariati (dalla fantascienza al fantasy, dall’horror alla suspense, dal romanzo storico al noir), riuscendo a prendere le distanze dagli schemi narrativi dominanti nei romanzi di alcuni suoi contemporanei di rilievo (ad es., appunto, Stephen King) senza rimanere influenzato da temi e da approcci narrativi canonici. La produzione di Simmons, composta da più di venti romanzi e da svariate antologie di racconti, lo ha portato ad ottenere numerosi premi letterari, tra cui uno Hugo Award, due Stoker Award e due World Fantasy Award (uno dei quali per la sua opera prima, Il Canto di Kali, Interno Giallo, 1993).
Tutte le sue opere andrebbero lette ma, per quanto mi riguarda, comincio col segnalare qui il già citato L’estate della paura, a cui fa seguito L’inverno della paura, nonché Danza macabra, tutti editi da Gargoyle; nonché I figli della paura (Mondadori), in cui il tema dei vampiri viene rivisitato attraverso una visione iperealistica e sociologica. Assolutamente un capolavoro è per me Drood (Elliot, 2009), incentrato sulle figure dei miei amati Charles Dickens e Wilkie Collins: trattasi di un magistrale e poderoso (815 pagine) romanzo storico-letterario; un vividissimo affresco della Londra vittoriana e del suo sottosuolo; una sfida immaginaria, ma non troppo, tra i miei due autori preferiti; un ipnotico e a tratti inquietante racconto sovrannaturale che, coinvolgendo demoni, deliri derivanti dall’assunzione di oppiacei, organizzazioni segrete e culti esoterici, si articola in un’indagine psicologica pronta a scandagliare gli anfratti più oscuri della mente umana. La sola cosa che ancora mi stupisce è che nessuno dei romanzi di Simmons sia stato utilizzato come soggetto per una qualche opera cinematografica, ma spero che qualcuno vi provveda presto.
Laura De Bernardi