Il cinema degli anni Ottanta – i film da rivedere

Dalle ultime notizie sembrerebbe che la quarantena sia arrivata agli sgoccioli. Gli ultimi giorni che ci rimangono da trascorrere in casa sono un’ottima occasione per scoprire o rivedere alcuni film che avevamo lasciato in sospeso. In particolare, diamo uno sguardo alle pellicole che hanno lasciato un segno indelebile negli anni Ottanta.

In campo cinematografico, il decennio in questione si distacca notevolmente dal precedente. Il sistema industriale della Hollywood classica viene ripristinato, sebbene le majors ora svolgano soprattutto il ruolo di distributori. La narrazione lineare delle storie sostituisce le bizzarre scelte narrative volute dagli autori dei decenni precedenti: per lo spettatore ora è più semplice identificarsi coi personaggi delle storie presentate. Torna il cosiddetto “divismo” e nascono nuovi sodalizi tra registi ed attori destinati a durare anche fino al nuovo millennio. Gli interpreti sono protagonisti di pellicole dai generi ben definiti, tra cui spiccano azione, fantascienza, horror e commedia. Infine, si fanno largo nuove tecnologie ed effetti speciali che rendono l’esperienza cinematografica molto più spettacolare.

Tra gli autori attivi già negli anni Sessanta, due registi si avviano verso la fine della loro carriera. Nel 1984 Sergio Leone dirige il suo film testamentario “C’era una volta in America”. Le ambientazioni western vengono sostituite da quelle metropolitane in un arco di tempo che copre quarant’anni. Ancora una volta è Ennio Morricone a comporre la colonna sonora: il regista la richiede con tale anticipo da poter essere ascoltata sul set. Stanley Kubrick apre il decennio con “Shining”, un progetto voluto dalla Warner e basato sull’omonimo romanzo di Stephen King. Jack Torrance e i malcapitati personaggi si muovono tra scenografie imponenti create appositamente. Essi, inoltre, vengono ripresi tramite steadicam, un sistema innovativo che non richiede l’uso dei carrelli. In “Full Metal Jacket” (1987) i valori morali dei war movies si annullano: il vero protagonista è il gruppo, poiché l’individuo finisce per autodistruggersi.

I registi portavoce della New Hollywood proseguono il loro percorso con successo. Steven Spielberg dirige nel 1981 “I predatori dell’arca perduta”(seguito nello stesso decennio da altri due episodi), a cui l’amico George Lucas collabora come produttore e ideatore del soggetto. L’anno seguente è la volta di “E.T. l’extra-terrestre”, film che riprende in parte il tema del divorzio dei genitori del regista. Il fulcro della pellicola è l’incontro con il diverso, da cui nasce un meraviglioso viaggio alla (ri)scoperta di se stessi. Nello stesso periodo, Martin Scorsese dirige “Toro scatenato” (1980). Il film si aggiudica due Premi Oscar tra cui quella per il miglior attore protagonista a Robert De Niro (ingrassato più di venti chili per interpretare la parte). Più che sulla carriera di Jake La Motta, la pellicola riflette sui tormenti della vita privata del pugile e rispecchia gli ambienti italo-americani tanto cari a Scorsese.

Brian De Palma, altro regista fulcro della New Hollywood, conosce il successo verso la metà degli anni Settanta. Nel 1981 esce in sala “Blow Out”, con protagonisti John Travolta e Nancy Allen (prima moglie del regista). Soggetta a critiche contrastanti, la pellicola viene ormai considerata un cult grazie anche ai virtuosismi registici di De Palma. Due anni dopo Al Pacino interpreta Tony Montana in “Scarface”, remake dell’omonimo film diretto da Howard Hawks del 1932. Su una sceneggiatura firmata da Oliver Stone, De Palma cambia l’ambientazione dal proibizionismo anni Venti al traffico di droga di Miami negli anni Ottanta. Bisogna attendere il 1987 per il film-capolavoro del regista. “Gli intoccabili” vanta un cast stellare: l’agente federale Eliot Ness/Kevin Costner dà la caccia ad Al Capone/Robert De Niro. Sean Connery si aggiudica invece il Premio Oscar per il miglior attore non protagonista.

Il 1982 è l’anno di uscita di una pietra miliare tra i film di fantascienza: “Blade Runner”. La pellicola è ispirata al romanzo di Philip K. Dick “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” ed è considerata uno dei migliori esempi del genere neo-noir. “Blade Runner” è un film che parla attraverso le immagini: il regista si ispira a “Metropolis” (Fritz Lang, 1926) nella sua parte figurativa e inscena una Los Angeles del futuro molto simile ad una nuova Babilonia. Il film è un circo meraviglioso in cui si parlano una moltitudine di lingue e gli elementi più disparati di ogni epoca arrivano a mischiarsi.

Gli anni Ottanta sono il trampolino di lancio anche per David Lynch. In questo decennio, il regista scrive e dirige tre film divenuti in poco tempo dei cult. “The Elephant Man” (1980) coinvolge attori del calibro di Anthony Hopkins, John Hurt e Anne Bancroft. “Dune” (1984) è un film di fantascienza tratto dall’omonimo romanzo di Frank Herbert e di cui Denis Villeneuve ha da poco diretto un remake con protagonisti Timothée Chalamet e Oscar Isaac. “Velluto Blu” (1985) vede Jeffrey Beaumont indagare su di un fatto sconcertante, ovvero il ritrovamento di un orecchio in un giardino. Tale evento scombussola l’idillica e soleggiata cittadina di Lumberton. Lo stesso protagonista si ritrova coinvolto -anche personalmente- con Dorothy Vallens, una brava Isabella Rossellini che si riscatta dalla fama dei genitori.

Se si parla di anni Ottanta bisogna citare il regista outsider per eccellenza, Tim Burton. Durante gli anni sofferti come disegnatore presso la Disney, egli realizza il cortometraggio “Vincent” (1982): il film dura appena sei minuti e mescola le tecniche del disegno animato e del passo uno. Tre anni dopo, Burton dirige il suo primo lungometraggio, “Pee-wee’s Big Adventure”, tratto dall’omonimo spettacolo teatrale interpretato da Paul Reubens. Si delineano qui i primi tratti riconoscibili della poetica di Burton: un protagonista ai limiti dell’assurdo che vive in un mondo sospeso tra sogno e realtà. Nel 1988 esce nelle sale “Beetlejuice-spiritello porcello”, un mix originale tra commedia e atmosfere espressionistiche. Inizia qui il sodalizio tra il regista e due attori, Wynona Rider e Michael Keaton. Quest’ultimo sarà Bruce Wayne in “Batman” (1989), film che sconvolge il fumetto originale e che ritrova in Joker/Jack Nicholson il carattere freak dello stesso regista.

Negli anni Ottanta i registi si rivolgono anche al pubblico più giovane con alcune brillanti commedie e film dai toni fantastici. Nel 1980 John Landis dirige un cast stellare in “The Blues Brothers”, commedia esilarante ancora attuale le cui musiche e costumi sono diventati oggetto di culto. Dan Aykroyd sarà uno dei protagonisti del film campione di incassi “Ghostbusters” (1984) diretto da Ivan Reitman. L’anno seguente esce nelle sale “I Goonies” di Richard Donner, prodotto da Steven Spielberg e sceneggiato da Chris Columbus. Tra il 1985 e il 1990 Robert Zemeckis porta sullo schermo la fortunata trilogia di “Ritorno al futuro”: il primo capitolo, vincitore del Premio Oscar come miglior montaggio sonoro, fa conoscere al pubblico Marty McFly e Doc, nonché la DeLorean DMC 12. Christopher Lloyd (Doc) torna a collaborare con Zemeckis nel film a tecnica mista “Chi ha incastrato Roger Rabbit?” (1988) nei panni dell’implacabile giudice Morton.

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