Jack Thunder Band – What The Thunder Said
Artista: Jack Thunder Band
Album: What The Thunder Said
Etichetta: Rockin’ Chair Records
Anno: 2015
Voto: 8/10
Quale modo migliore per scaldare queste fredde notti d’autunno inoltrato se non ascoltando la Jack Thunder Band? Una miscela suadente di southern rock, blues e country scioglierà la patina di ghiaccio e nebbia che raffredda le nostre serate già dal primo ascolto.
La band si forma nell’estate 2004 a Vanzaghello (MI) e crea subito un “ponte diretto” con un certo tipo di musica americana. Il loro nome, Jack Thunder, è per la band l’espressione massima del legame con la realtà d’oltreoceano. Jack Thunder infatti è un personaggio apparso in Tex, la storica serie a fumetti della italianissima Bonelli. E proprio sulle orme di Tex nasce il desiderio di ritrovare il mito di un’America che forse non esiste più ma che è ormai fortemente radicata nell’immaginario collettivo del nostro paese.
“What the Thunder Said” è il loro secondo album in studio e vede Paolo Brunini alla voce e al basso, Dario Simontacchi alle chitarre elettriche e Andrea Merillo alle chitarre elettriche ed acustiche, al banjo e all’armonica. Stefano Brusatori invece alla batteria.
L’album è formato da una serie di tracce ben costruite che ci portano indietro nel tempo, con spiccate sonorità ’70s, una spolverata di country folk e un deciso richiamo al profondo sud statunitense.
Risalta all’orecchio l’influenza di Neil Young nella seconda traccia These Hands of Mine mentre The Great Train Robbery è invece impossessata dall’inizio alla fine dal fantasma di Suzy Q dei Creedence. Un blues più delicato ma non scontato lo troviamo in Into the Flow: inevitabile non scorgere Morrison e i Doors dietro a quei ritmi ipnotici dall’impronta psichedelica. Un’allegra Working Man Blues lascia il posto a un’introspettiva The Deer, ballad country per eccellenza pregna dei colori della prateria.
Un’unica nota dolente: ciò che stona nel contesto southern del disco è la pronuncia inglese poco sciolta e costante che a tratti mi risveglia dal “viaggio blues” e mi fa tornare all’improvviso da Dallas a Vanzaghello…
Un album che mi ha colpita per sonorità e tecnica, capace di creare atmosfere lontane nello spazio e nel tempo.
Valentina Irene Galmarini