Magellano – L’intervista esclusiva per Vivamag


 

Freschi del nuovo album “Calci In Culo” i Magellano si preparano per un tour di dodici date in supporto a Lo Stato Sociale. Per l’occasione il nostro inviato è andato a pranzare con Pernazza che tra una portata e l’altra ha raccontato l’invidiabile background artistico della band: dalla scelta di Alebabo degli LN Ripley come produttore dell’album, ai dj set, momenti culmine della loro attitudine da party harder.

 

Avete detto che i “Calci in culo” sono quelli che servono per andare avanti in questo paese…

Pernazza: Esatto, anche il primo disco “Tutti a Spasso” era purtroppo un’altra metafora del nostro paese… la legge Fornero, la disoccupazione… tante persone erano letteralmente a spasso senza lavoro. Qua abbiamo usato un altro gioco di parole “Calci in culo”, la giostra ma anche le spintarelle necessarie per ottenere dei bonus.

 

Ma tra amici, fan ed esperienze personali, vi siete ispirati a qualche episodio in particolare?

P: Noi cerchiamo di mettere in musica le cose che vediamo. Non tutte sono autobiografiche, ma qualcosa è successo anche a me come a Filo o Danilo. Gli episodi non sono tanto divertenti, sono più che altro sensazioni di un paese dove la meritocrazia non è la prima regola necessaria per andare avanti. Tante persone che conosco vanno all’estero. E’ lì che il loro talento viene apprezzato e valorizzato.

 

Magellano quindi è influenzato da questo lato della realtà…

P: Si, la musica è molto veloce. Noi vogliamo divertirci, ma i testi cercano di essere più seri possibili. Non come quelli di un gruppo rap canonico. Noi, grazie anche a parecchi featuring (ad esempio “La Canzone dell’Ukulele” con L’Orso ndr), cerchiamo di sdrammatizzare gli aspetti più amari dei nostri giorni.

 

Ma non rischiate di perdervi durante la produzione artistica? In “Calci in culo” collaborate in ogni traccia con artisti appartenenti ai generi più disparati. L’orso, Gnu Quartet, Raphael…

P: Sono persone che messe in fila non c’entrano l’una con l’altra ma è questo il bello! Prendi gli Gnu Quartet, sono un quartetto d’archi che mischia una formazione da conservatorio e collaborano con tutti i più grandi musicisti della scena italiana. Raphael sta girando il mondo ed è uno dei nostri alfieri del reggae, dopo Alborosie. Sono persone vicine e lontane ma che la pensano come noi. Non ci perdiamo perché non stravolgono le canzoni ma le arricchiscono.

 

E il vostro produttore Alebabo, degli LN Ripley?

P: Oltre ad essere un amico, lavora con noi da tempo. Collabora con tanti artisti anche non appartenenti al mondo dell’elettronica. Come i Linea 77. E’ un produttore che conosce il panorama a trecentosessanta gradi e sa come valorizzare le nostre spinte elettroniche di cui Filo Q è competente… perché noi produciamo con Filo, scriviamo i tesi, Danilo mette le percussioni e diamo il via alla canzone.

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Quindi come si è trovato Alebabo a gestire la vostra produzione?

P: Noi siamo al cento per cento gli esecutori ed i creatori dei nostri brani. Alebabo però ha dato tante dritte. Sono molto più importanti di uno che mette mano ai pezzi in modo invasivo. Lui ha semplicemente corretto delle situazioni, dei toni, dei modi… con questo secondo album volevamo raggiungere uno step più alto. Volevamo rendere più live possibile il nostro disco nuovo.

 

A Boosta invece avete mai pensato?

P: I Subsonica li ho riscoperti da poco. Boosta tra l’altro è molto impegnato e noi avevamo bisogno di qualcuno che conoscesse sia il mondo indie che quello dei club.

 

Attualmente com’è il panorama indie a Genova?

P: E’ la mia casa ma oramai sono un cittadino del mondo. La città è sempre attiva, ha un sacco di background, dal reggae, ai centri sociali, allo stoner, grazie anche a negozi come il Taxi Driver che importano musica di un certo tipo e sanno come promuoverla. C’è ad esempio il Disorder Drama per i concerti indie. In ogni caso Genova è una città che non ha mai perso la sua vena artistica.

 

Quant’è difficile far conciliare il fatto che la musica va velocissima e i progetti invecchiano subito con i fan che non si adattano a questo cambiamento ma lo pretendono.

P: Bella domanda! Beh, ad esempio noi faremo solo singoli, perché tanto i dischi non li compra più nessuno. Sono utili solo per il tiro al piattello.

 

Quindi i Magellano cosa rappresentano adesso nella scena?

P: la parola scena devo dire che è fuori luogo e fuori uso. Quando andavo a vedere i concerti post hardcore nel ’98 era bello parlare di scena perché rappresentava una reunion di tanti amici. Internet non era ancora sviluppato. A mala pena c’erano i forum.  Da Bologna a Torino fino a Treviso si prendevano i treni, si facevano le macchinate e ci si trovava tutti a far parlare di un evento e a condividerlo insieme.

 

Ora non è più così?

P: Si, non più. C’è tanta frammentazione. Tanta roba. I social sono intasati e vengono sfruttati male, talvolta disuniscono per cose futili. Sul mio profilo cerco di condividere quelle utili, magari scrivendo anche dell’alluvione di adesso a Genova. Però poi una foto di me e te dove facciamo i cretini tira più like. La gente s’interessa velocemente di quello che vede e non del contenuto. Una scena con questi presupposti non può esistere.

 

Nemmeno la Garrincha Dischi (etichetta dei Magellano, ndr) ne avrebbe la forza?

P: La Garrincha è stata additata come indiesfiga… ne hanno una per tutti: l’Officina della Camomilla sono dei babbi, L’Orso fa musica per ragazzine. Mentre queste, assieme alle altre band, le ho conosciute e hanno tanto da insegnare. La Garrincha ha avuto il merito di creare un’etichetta che paradossalmente è più hip hop di un’etichetta hip hop. Le band della Garrincha fanno i featuring tra di loro. E’ un valore aggiunto che tante case discografiche non hanno.

 

I Magellano che valore aggiunto hanno?

P: Noi vogliamo creare divertimento a trecentosessanta gradi. Non solo durante lo show. Vogliamo fare in modo che la gente esca dal concerto con un sorriso. Io sono spontaneo sul palco. Non mi preparo le coreografie a casa. Cerco di essere psicologo e di capre chi ho di volta in volta davanti. Però… degustibus! A certe persone piacciamo, ad altre no. In ogni caso per noi la musica dev’essere pop, nel senso popolare,  raggiungibile da chiunque.

 

Ma volete raggiungere un pubblico eterogeneo o ci state riuscendo in maniera inaspettata?

P: Tutte e due. Abbiamo una bella esperienza di palchi e di dischi. Ma siamo dei novellini con i Magellano, quindi non si finisce mai d’imparare. Le booking e i manager stanno diventando sempre più brave, hanno in testa l’arte per i numeri. Talvolta ammiro per esempio i nostri colleghi de Lo Stato Sociale che conciliano questi due aspetti senza risultare forzati.

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Dato che avete dei suoni molto pop o, passami il termine, commerciali, avete mai pensato di firmare per una major?

P: Non abbiamo ancora avuto la chiamata di una major.  Ci siamo sempre annusati in diverse occasioni, abbiamo collaborato. Ma che una major sia venuta a bussare non è ancora successo. Ci sono in gioco altri fattori tra cui un potente management, che potrebbe essere anche un’arma a doppio taglio perché ti può lasciare fermo dei mesi.

 

Come Magellano siete un team di soli tre elementi o avete anche uno staff che vi segue?

P: Giriamo in tre più un trombettista, Roberto, che viene a suonare per dare uno spettacolo più completo ai fan, quando Danilo non è a disposizione. Talvolta siamo solo io e Filo Q. Vogliamo far capire che il progetti ha una sua polifunzionalità, tra cui il dj set.

 

…che tra l’altro ha caratterizzato fortemente il vostro ultimo tour.

P: Certe date dj set sono state molto più divertenti e genuine perché la gente era veramente presa bene senza fare l’applauso di cortesia come si fa nei locali dove si applaude pensando “tra quanto si levano dai coglioni?” (ride).

 

Anche per il futuro avete in mente di tenere il dj set?

P: Sicuro. Abbiamo in mente d’implementarlo e sarà uno dei progetti che presenteremo nel 2015. Attualmente però ci stiamo focalizzando sull’apertura del tour de Lo Stato Sociale. Faremo dodici date in dei super club, tutti italiani. Vuol dire che molti fan dello Stato, che sono recettivi e amanti della musica per divertimento, non staranno a vedere “ma quelli non hanno la batteria”. Si spera che tanti loro fans per curiosità facciano un salto anche nel nostro mondo.

 

Puoi anticipare qualcosa sugli show del tour?

P: ci stiamo lavorando fortemente e invito tutti a venire il trentuno ottobre al Velvet di Rimini… oppure di accorrere numerosi all’Alcatraz a Milano… anche se in questo momento sono già esauriti tre quarti di sala! 


intervista di Davide Felletti

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