Marta Sui Tubi – intervista esclusiva di Vivamag!

Si è da poco conclusa la IV edizione del Big Bang Music Fest di Nerviano (MI), nato nel 2012 in seno all’associazione GIOVANINERVIANESI.IT, associazione culturale composta dai giovani under 35 della città di Nerviano (MI). L’evento, completamente ad ingresso gratuito, si è svolto dal 29 maggio al 2 giugno. Comprendeva attività diurne, oltre ai cinque giorni di musica che hanno visto alternarsi sul palco artisti come Marta Sui Tubi, Pan Del Diavolo, Brusco, Dargen D’Amico, Two Fingerz, Linea 77 e Bud Spencer Blues Explosion. Per l’occasione abbiamo avuto il piacere di intervistare Carmelo Pipitone, chitarrista e co-fondatore della band Marta Sui Tubi.

Ciao Carmelo. Innanzitutto: come stai?

Bene, bene! Mi sto sparando un filmone, Nebraska, non so se l’hai visto: una figata totale! Però posso stopparlo, una cosa positiva. (ride)

Parlami un po’ delle origini dei Marta Sui Tubi.

I Marta Sui Tubi nascono una cosa come dodici, tredici anni fa, ho perso un po’ il conto. Nascono da un’idea mia e di Giovanni Gulino a Bologna. Parte tutto come un duo acustico, suoniamo tantissimo per le strade principali per lo più, vedi Via Pratello, Zamboni, e quelle zone. Arrivano un paio di secchiate d’acqua finché un giorno qualcuno ci invita a suonare dentro un localetto e da lì cominciamo a suonare e a mettere anche da parte qualche soldino per registrare il nuovo disco… e da allora non ci siamo mai più fermati. (ride)

Il progetto è nato come divertimento tra due amici con un intesa musicale o avevate già l’idea di dare più importanza al duo?

No, guarda, ognuno di noi lavorava quindi suonare era soltanto un pretesto per non suicidarsi quando si tornava a casa dopo otto/nove/dieci ore di lavoro. Ci si vedeva e si buttava giù qualche idea, all’inizio era puro divertimento, ma lo è anche ora, nonostante tutto. Si suonavano cover, io e Giovanni abbiamo un passato da musici in diversi progetti. Poi, man mano che il tempo passava, abbiamo avuto l’esigenza di scrivere qualcosa di nostro e integrarlo nei nostri “spettacolini.”

Quando avete cominciato a capire che il vostro progetto stava prendendo la strada del successo? C’è un momento in particolare che associate al “salto”?

Penso che la prima gratificazione risalga più o meno a dodici anni fa. Abbiamo presentato la nostra demo, contenente materiale che sarebbe andato a comporre il nostro primo disco, Muscoli e Dei, alle varie testate giornalistiche dell’epoca. Da una recensione di Rockit ci siamo fatti coraggio e ci siamo detti “magari può diventare qualcosa di più!” Abbiamo cominciato a fare una serie di concerti e abbiamo conosciuto Lorenzo Bedini, il nostro attuale manager, che ci ha fatto aprire concerti ad artisti abbastanza importanti. Da quel momento in poi abbiamo preso il progetto più seriamente.

Musicalmente parlando, il successo che avete riscontrato ha influenzato in qualche modo il vostro modo di scrivere e di comporre?

Dal punto di vista artistico, purtroppo, non è mai cambiato niente! (ride, n.d.a.) Nel senso che siamo sempre le solite teste di cazzo anche in fase compositiva. Non limiamo mai niente e non abbiamo mai pensato di fare qualcosa per ammiccare a un certo tipo di pubblico. L’unica eccezione, che abbiamo fatto per arrivare a più gente possibile, è stata Sanremo (nel 2013 con i brani Dispari e Vorrei), ma portando comunque pezzi che sarebbero andati a finire nel disco Cinque, La Luna e Le Spine. Diciamo, se vuoi, che abbiamo “addolcito la pillola.”

Tre aggettivi per definire i Marta di Muscoli e Dei e tre per quelli di Cinque, La Luna e Le Spine.

(Ride) Allora: stronzi, beoni… cazzari, nel primo caso. E riconfermo anche per il secondo, per coerenza, insomma. E per il discorso che ti facevo nella domanda precedente. E’ puro divertimento e continua ad esserlo!

Salva Gente: perché una raccolta? Sentivate il bisogno di valorizzare brani a voi particolarmente cari?
Volevamo fare un giro di boa per fare capire che cosa avevamo fatto fino ad ora, e per cercare di mettere insieme il materiale che ci ha contraddistinto nel percorso che è diventato poi quello dei Marta Sui Tubi. Un percorso abbastanza “largo” e a 360 gradi, se vuoi, con mille sfaccettature. E siccome avevamo anche noi l’esigenza di capire che cosa avevamo fatto fino a quel momento, ci è sembrato che fosse l’occasione giusta per fare uscire una raccolta. E il singolo Salva Gente, cantata, tra l’altro, dal maestro Franco Battiato, è stato un po’ l’incipit che ci ha portati a questa soluzione.

Parlando, appunto, di collaborazioni con artisti del calibro di Battiato, Dalla e la Ayane: quanto vi hanno gratificato e cosa vi hanno lasciato?

Beh, le collaborazioni sono sempre fortemente volute. Immagina le nostre facce di fronte a uno come Battiato! (ride) Ce ne sono tantissimi di personaggi che abbiamo incrociato per la nostra strada e che ci hanno fatto dei bellissimi regali e camei. Poi scoprire che questi personaggi sono persone fisiche, quindi umane, ti sconvolge un po’, ecco: ad esempio il fatto che Franco Battiato sia una delle persone più divertenti che abbia mai conosciuto mi mette sempre di buon umore e mi fa sperare che le prossime collaborazioni saranno sempre in crescita dal punto di vista umano.

Vi siete esibiti con Lucio Dalla poco prima della sua scomparsa: un ricordo a bruciapelo di questa esperienza.

A bruciapelo? Lui è salito sul palco e ha cantato un pezzo con noi! (ride) Scherzi a parte, l’abbiamo visto tra il pubblico e gli abbiamo chiesto “ma ti va di cantare un pezzo con noi?”, e abbiamo improvvisato Disperato Erotico Stomp. E’ stato, diciamo, un bellissimo aggancio, gli siamo piaciuti subito.

Qual è stata la più grande difficoltà che avete dovuto affrontare come band durante il percorso?

Di difficoltà ce ne sono sempre tantissime. Il lato economico, non lo nascondo, continua ad essere un ostacolo: saprai benissimo che in Italia la musica non ti fa vivere di musica, piuttosto ti fa sopravvivere. Noi viviamo tutti in città differenti, quindi per incontrarsi bisogna ragionare bene su come agire e cercare di non perdere troppo tempo da quel punto di vista. Di difficoltà in tour, invece, qualcuna, ma niente di rilevante. E’ un continuo susseguirsi di pacche sulle spalle e andare avanti, normali avvenimenti che succedono a chi vuole intraprendere il lavoro del musicista.

Tempi composti, armonie complesse e giri di chitarra articolati hanno sempre contraddistinto il vostro sound. Pensi siano stati questi elementi, tra gli altri, che vi hanno fatto spiccare nel panorama musicale italiano?

Non saprei. Personalmente mi sono sempre annoiato a suonare in 4/4 e sempre lo stesso accordo per più di cinque secondi, quindi abbiamo sempre sentito l’esigenza, all’interno dei nostri brani, di dover fare succedere qualcosa il più presto possibile. Un’ altra componente, secondo me, fondamentale, è non fare durare troppo il tuo pensiero perchè rischia di essere un po’ troppo snervante: il concetto dev’essere ermetico e racchiuso in pochissime battute. Quindi quando ci mettiamo ad improvvisare cerchiamo sempre di arrivare al dunque senza perdere troppo tempo: se c’è la magia si chiude una canzone, altrimenti la si lascia “decantare” e si aspetta di vedere che cosa succede.

Panorama della musica indipendente italiana: dammi un tuo punto di vista sulla scena attuale.

Indipendente nel senso di gente che non ha trovato ancora i soldi per fare il primo disco? (ride)
Di artisti che continuano ad essere indipendenti e sono conosciuti ce ne sono tantissimi, non spetta nemmeno a me ricordarli. Le nuove leve fanno ben sperare, c’è dell’ottimo materiale in cantiere. Mi capita spesso di ascoltare band emergenti italiane andandole a cercare, mi piace vedere che cosa succede in questo calderone e come sta la musica italiana in generale, solo che ora su due piedi, come mi capita spesso, non ti saprei citare nessuno perché non mi viene in mente nulla. (ride)

L’indie, nelle sue sfaccettature, è diventato, ormai, una tendenza: trovate che sia una spiacevole perdita di originalità, o una risposta positiva da parte del grande pubblico, e quindi un traguardo?

E’ senza dubbio una cosa positiva. Ogni band cerca di far arrivare la propria musica al maggior numero di persone, quindi se si sfrutta questo fattore per esporre le proprie canzoni al grande pubblico non ha quasi senso dire che sia una cosa negativa, quindi è normale che io ti risponda con entusiasmo. Tutto deve arrivare a più gente possibile, quindi se l’indie in questo momento è uno dei generi più gettonati, è giusto che chi si sente di fare musica in questo modo sfrutti questa tendenza per farsi conoscere.

Progetti per il futuro? Qualche anticipazione? Cosa vi aspettate dai prossimi anni?

Stiamo lavorando al nuovo disco: di più non ti posso dire, nel senso che ci stiamo vedendo e stiamo buttando giù delle nuove idee, saremo presto molto diretti… vi faremo sapere! (ride) Penso che comunque non uscirà nulla prima del 2016. Nei prossimi anni speriamo di continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto, cioè suonare. Come band non riusciamo a stare troppo tempo lontani da noi stessi, funziona così: se io non vedo Giovanni per due o tre giorni sto male. Dobbiamo sempre vederci e tirare fuori qualcosa. Sono convinto che i Marta Sui Tubi moriranno il giorno in cui non suoneranno più dal vivo o cercheranno di far arrivare soldi dalla SIAE, non so se mi spiego: godersela stando stravaccati a casa o in piscina. Non è cosa nostra. Dobbiamo assolutamente essere sempre in giro e suonare: siamo una specie di never-ending tour, never-ending band. Insomma, fino a quando basta il cuore.

Intervista di Paolo Antoniazzi. Si ringraziano Astarte Agency, Nina Selvini e Sofia Parisi. Foto band ufficiale Simone Cecchetti.

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