“Sala prove” – MaScara – quel cinema al Polo nord
Vi racconto alcuni degli aneddoti di questi “dieci anni di follia” in quanto memoria storica della band (in pratica sono il corvo a tre occhi dei MasCara) ma anche e soprattutto per evitare che Lucantonio ometta le parti che lo riguardano.
I MasCara sono un aneddoto vivente. Peccato che in questo articolo ci si debba limitare a racconti che riguardano studio e sala prove perché altrimenti ne avrei una serie a dir poco “croccanti”.
Il primo, non troppo divertente in realtà, è che la primissima prova suonata è stata fatta la vigilia di Natale in un locale di Sesto Calende. Apparteneva ad un nostro amico che ingaggiava per le sue serate principalmente cover band e ci permise di sfruttarlo come “test”. Figurarsi se ci saremmo lasciati scappare l’occasione sotto le feste. Anzi sotto “la festa” per antonomasia.
Successivamente, per una serie non correlata di eventi, ci ritrovammo a provare sul palco del Cinema Italia di Somma Lombardo. Come avrete capito, questa è la storia di come non abbiamo mai avuto una sala prove “normale”. Non dico mai, ma agli inizi è stato al contrario di quello che accade per il novanta percento delle band. Per la gioia, l’invidia, ma anche il panico visto che il Signor Cosentino (il boss del Cinema) era “una lama” nella riscossione del denaro. Ma non divaghiamo…
Ogni sabato ci si trovava al cinema (ovviamente vuoto) per montare letteralmente il palco. Facevamo i suoni e provavamo ogni sabato per tre, quattro ore. Alla fine si smontava tutto e si doveva andare via di fretta perché la sala doveva essere preparata per le proiezioni serali. Concordammo con il proprietario anche l’accesso ad una stanza “segreta” che sovrastava lo schermo e che in breve diventò la nostra base o la “versione beta” del Faro Studio (N.d.r. lo studio dei MaScara).
Era letteralmente tra la sala proiezioni ed una sorta di appartamento pre-guerra adibito poi a camerino. Ci trovammo appendini, divanetti e mobili non più “graziosi” e una volta anche un reggiseno. Ora, siccome conosco i miei polli, dissi a Lucantonio che lì non doveva portarci più nessuno. Lui si imbarazzò tantissimo ma rise furbamente (il maledetto!). Lo beccai senza nemmeno saper né leggere né scrivere e fu grazie a quel reggiseno vecchio di mesi che lo feci confessare (probabilmente era di qualche compagnia teatrale che passava di lì per uno spettacolo. Ne ero abbastanza sicuro perché lo avevo già notato, ma lui è un babbeo e quindi lo inchiodai ai suoi peccati comunque).
Arredammo quella stanza con oggetti di recupero e utilizzammo il legno del vecchio letto di Lucantonio per creare un reggi-chitarra e quello del mio vecchio letto per creare degli stand per le casse (ora che ci penso non so perché ci facevano così schifo i nostri letti). La cosa degna di nota però è che non c’era riscaldamento e ricordo che durante le pre-produzioni del nostro album LUPI, io e Lucantonio ci trovammo in quella stanza fredda ad arrangiare senza stufette perché il loro consumo eccessivo di corrente la faceva saltare di continuo. “Tenemmo botta” fino a novembre inoltrato, poi quando nonostante le tute da sci ci trovammo a dover abbracciare il computer caldo per evitare l’ipotermia mollammo il colpo.
Solo successivamente, quando la situazione cinema divenne ingestibile, provammo l’ebbrezza delle consuete sale prove ad ore e fu un disastro…
Claudio Piperissa