Nero Kane – l’intervista di VivaMag
In occasione dell’uscita del nuovo album “Tales of Faith and Lunacy” abbiamo incontrato il poliedrico artista italiano per approfondire meglio alcuni aspetti di un progetto dal respiro internazionale…
Vuoi parlarci della genesi del progetto Nero Kane?
Nero Kane è nato come progetto solista dopo le mie precedenti esperienze musicali. Ho sentito l’esigenza di iniziare un percorso più intimo, svincolato dall’idea di band, quindi più indipendente per tutte le logiche che riguardano l’attività live e in studio. Essendo da sempre autore e compositore dei miei brani, credo sia stato un approdo naturale. Il percorso è poi formalmente iniziato con la pubblicazione del mio primo album nel 2018 “Love In A Dying World”, registrato e prodotto a Los Angeles da Joe Cardamone, e dalla recente pubblicazione del secondo album “Tales of Faith and Lunacy”, registrato e prodotto in Italia da Matt Bordin.
“Tales of Faith and Lunacy” è il tuo nuovo album uscito lo scorso 30 ottobre. Cosa c’è di diverso rispetto “Love in a Dying World”?
Sicuramente le mie classiche ballate folk/desertiche si sono intrise di un sound gotico e oscuro raggiungendo un mood mistico/spirituale più forte rispetto al precedente. Questo sia nelle liriche che negli arrangiamenti. L’aggiunta infine della voce di Samantha ha dato una connotazione mitteleuropea all’album molto importante nel creare un certo tipo di immaginario.
Quanto conta secondo te l’immaginario che un disco riesce ad evocare?
Per me l’immaginario è fondamentale. Ormai non riesco quasi più a scindere un brano da quello che mi può evocare. Per questo spesso non sono attratto da molte canzoni di per sé musicalmente valide ma che non suscitano in me una visione poetico/estetica. Sono un songwriter. Il mio desiderio è quello di raccontare e creare paesaggi sonori in cui l’ascoltatore possa perdersi e, perché no, ritrovarsi.
Nel precedente lavoro Samantha ha girato un film sperimentale accompagnandoti per un viaggio attraverso la California più selvaggia. Come si è sviluppata questa collaborazione nel nuovo album?
Io e Samantha collaboriamo dal 2015 su diversi progetti sia legati al mio lavoro di musicista sia al suo di artista visiva/performer. In questo lungo periodo lo scambio e la contaminazione di stimoli e impulsi è diventato sempre più stretto. Inoltre per due anni abbiamo portato il primo album su palchi italiani ed europei insieme. La realizzazione di questo nuovo album è stata quindi un semplice punto di arrivo rispetto a quanto fatto in precedenza. Spingere Samantha verso l’utilizzo della voce è stata una mia scelta in quanto da subito avevo notato la particolarità della sua timbrica e del suo modo di cantare. Allo stesso modo l’ho invitata ad occuparsi dei testi di tre brani. Essendo i nostri immaginari molto vicini tutto si è fuso in maniera molto fluida e con esiti molto soddisfacenti.
Vuoi parlarci dei supporti fisici sui quali è uscito “Tales of Faith and Lunacy”? Cosa ne pensi della “fisicità” di un album in questo 2020?
Il nuovo album è uscito in vinile, cd e cassetta rispettivamente per la label psichedelica tedesca Nasoni Records, e le italiane BloodRock Records e Anacortes Records. Per persone come me, che fanno un certo tipo di musica e hanno ancora una visione romantica di essa, il supporto fisico rimane ancora molto importante. Dal mio punto di vista è anche una sorta di chiusura di un lavoro che spesso ti ha tenuto impegnato per molto tempo. Vivo l’oggetto fisico, in particolare quello che riguarda la mia produzione, come una sorta di scrigno contenente i suoi tesori. Toccare con mano l’oggetto, apprezzarne l’estetica, è qualcosa che non potrà mai essere sostituita dal digitale. E io credo che un certo tipo di musica debba essere ancora veicolata con un certo tipo di supporto. La bellezza del fare dischi risiede proprio anche nella creazione dell’oggetto e di una sorta di “percorso estetico/comunicativo” in cui tutto è legato.
Come è stato lavorare con Matt Bordin per la realizzazione dell’album?
La collaborazione con Matt è stata ottimale. In qualità di produttore è entrato da subito nel mood dei brani capendo chiaramente quale doveva essere la direzione da dare a tutto il progetto. Conoscevo già Matt per il suo lavoro con molte band italiane ed estere, e quello a cui aspiravo era un tipo di sound che potesse avere un respiro internazionale. La sua produzione è stata fondamentale per la riuscita di questo album.
E invece la collaborazione con Nicola Manzan?
Anche Nicola era un nome già noto, in primis ovviamente per il suo progetto Bologna Violenta, ma anche per le innumerevoli collaborazioni che lo riguardano. Anche con lui la collaborazione è stata ottima e spero di avere la possibilità di averlo in studio anche per futuri nuovi brani. I suoi archi hanno impreziosito notevolmente tutto il lavoro.
Nel video del primo singolo Lord Won’t Come è riconoscibile una rappresentazione medievale de La Danza Macabra e il Trionfo della Morte. Come mai questa scelta?
Come detto precedentemente, l’album ha anche una connotazione mitteleuropea molto forte. In particolare, uno dei brani scritti e interpretati da Samantha, Mechthild, è ispirato alla mistica medievale tedesca Mechthild Von Magdeburg. L’idea di unire questi due mondi, il West americano con un background di oscurità gotico/medievale è il concept dell’album nonché la base del video diretto da Samantha del primo singolo. La raffigurazione nell’affresco medioevale “La Danza Macabra e il Trionfo della Morte” è perfettamente aderente sia per collocazione storica che per tematica con un testo che parla di morte e caduta in un mondo ormai abbandonato al suo destino.
Un commento sulla copertina dell’album?
L’artwork è stato curato da Manuele Scalia, talentuoso graphic designer e musicista (The Three Blind Mice), che già si era occupato della grafica del mio precedente album. L’immagine della Madonna delle 7 spade richiama l’aspetto mistico dei 7 brani che compongono l’album. Un rimando dunque numerico oltre che contenutistico. Volevamo concentrarci inoltre sull’aspetto più dark che permea tutto il disco senza cadere in qualcosa di troppo eccessivo. Questa immagine ci è sembrata pertinente e molto comunicativa, soprattutto se associata ad un artwork minimale ed elegante.
Quanto pesa questa immobilità forzata dal lockdown?
Purtroppo per certi aspetti molto. Posso dire che la promozione del disco ci sta comunque impegnando molto e gli ottimi feedback che stanno arrivando sono una grande consolazione e soddisfazione in un momento come questo dove tutto sembra bloccato. D’altra parte è stato un peccato dover cancellare i concerti già programmati e non poter ancora portare dal vivo questo disco che sappiamo avrà una resa molto suggestiva sul palco. Fortunatamente cerco di non fermarmi continuando a creare e ampliare i miei stimoli. La musica rimane sempre una compagna fedele, ancora di più in questi momenti difficili.
Vincenzo Morreale