Pay – Canzoni per gente che non si fa più

Artista: Pay
Album: Canzoni per gente che non si fa più
Etichetta: Punkrocker’s
Voto: 8/10

Settima prova discografica per i “nostri” Pay che ci raccontano in una manciata di “Canzoni per gente che non si fa più” una band matura, dal songwriting ormai consolidato e sempre brillante.
L’album, prodotto in sole 200 copie, è definito “200 copie uniche per un disco rotto”. Il CD infatti viene consegnato spezzato in due, direttamente dagli artisti che hanno creato il concept, Jacopo Frigerio e Paolo Proserpio, con un secondo disco di backup (questa volta tutto intero) a parte in una bustina distinta dal packaging originale.
La disillusione di fondo traspare nei poco più che venti minuti del disco, si rivela in frammenti di testo come “Canzoni stupide che ti battono in testa, che non dicono mai la cosa giusta” oppure “Godzilla in riabilitazione non ne può più, non sente più la scossa la sua soddisfazione” oppure “potevi dirlo che la festa finiva, che il tempo passato sarebbe stata una scusa, per maledire uno specchio che non riesce a rifletterlo mai”.
Ciò che colpisce è quell’atmosfera amara ma allo stesso tempo allegra, forse per esorcizzare, forse perché il punkrock è anche e soprattuto questo: canzoni scritte per sé stessi, per provare a capirsi e intanto provare a capire anche il mondo in costante cambiamento in cui viviamo.
La cover dei Pixies Where is my Mind, è più che un inno generazionale, per quelli come me che nei ’90 mai avrebbero pensato che tutti i sogni di rock’n roll finissero misurati soltanto in click e visualizzazioni nei social network.

Vincenzo Morreale

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