PAY – L’intervista di Vivamag
Tra le band più originali e creative della scena Punk di Varese è impossibile non menzionare i PAY. In occasione dell’uscita del loro ultimo album “Va Proprio Tutto Bene” abbiamo approfittato per fare una chiacchierata con Mr Grankio, frontman della band.
Partiamo dalla vostra ultima fatica “Va proprio tutto bene” che avreste dovuto presentare in anteprima il 6 marzo alle Cantine Coopuf di Varese. Insomma, al di là del Coronavirus, il titolo dell’album suona leggermente sarcastico… va veramente proprio tutto bene?
Devo dire che, casualmente, la situazione che si è andata a creare ha reso il titolo ancora più interessante. È evidentemente un titolo ironico e il fatto che l’album sia uscito in questi giorni è stato un regalo divino per la scrittura del titolo. Saltato il concerto abbiamo realizzato un video in cui suonavamo davanti a nessuno e lo abbiamo pubblicato il giorno del concerto: un live al tempo del Coronavirus. E non dimentichiamoci di Ozy, il carlino presente in copertina, descrive in maniera perfetto il titolo della raccolta, e assomiglia un po’ alla faccia che hanno gli essere umani nei confronti di questa tragedia.
A livello di sonorità mi sembra un album fedele a un Punk autentico e crudo, suonato con grande intensità. Insomma dopo più di vent’anni di attività il tempo non sembra essere passato…
Sì, anche se secondo me diventando più anziani qualcosa abbiamo imparato. Non facciamo proprio le stesse cose degli anni Novanta. Lo facciamo come necessità estetica, non per altro, e quindi ci togliamo lo sfizio di registrare come e quello che vogliamo. Pinguino ha realizzato la parte musicale e io ho scritto i testi. Gli avevo promesso un disco cattivo, poi in corso d’opera gli ho fatto fare marcia indietro. Il prossimo sarà cattivo, altrimenti Pinguino lascia la baracca (N.d.r. ride)
In uno dei brani che ho apprezzato di più, ovvero Basta Milano, vi definite “figli bastardi”, per i PAY tra provincia e grande metropoli vince sempre il modello provinciale?
Per forza. Non so dirti se è la provincia di Varese che abbiamo dentro, ma è la provincia. Il fatto che siamo di Varese è geograficamente casuale. La nostra formazione, è una formazione di provincia, ci siamo formati in provincia. Milano era presente negli altri dischi, ma è la prima volta che la citiamo esplicitamente. Questo fatto, mi hanno fatto notare, è anche un po’ una presa in giro ai cantautori indie di oggi che per forza devono mettere il nome della città all’interno dei loro brani.
All’interno della raccolta mi ha colpito molto la cover di Girlfriend In A Coma degli Smiths, com’è nata l’idea di omaggiare la band attraverso questa canzone?
Da quando abbiamo smesso di chiamare ospiti nei dischi, abbiamo messo quasi sempre delle cover nei nostri dischi. Nell’ultimo album c’erano i Pixies per esempio. Per quanto riguarda gli Smiths ci piaceva molto l’idea di metterci a confronto con quella scrittura lì. Poi abbiamo tradotto la canzone, era una cosa che avevamo fatto anche nei primi album. È un’operazione che ci piace molto e nella traduzione abbiamo cercato di essere il più fedeli possibile. Potremmo fare un disco intero di cover tradotte, è un progetto che abbiamo sempre avuto in cantiere. Avessimo soldi e tempo probabilmente faremmo un disco di cover.
L’album è online sulle principali piattaforme di streaming ed è disponibile in versione vinile bianco con una speciale mascherina di Ozy, il carlino presente in copertina. Possiamo dire che Ozy per “Va proprio tutto bene” è quello che il Barattolo dell’ammore è stato per “Provate amore ynutile”?
Esattamente! Ozy rispecchia perfettamente quello che pensiamo e stava benissimo con le canzoni. Abbiamo sempre avuto una scrittura ironica e il “Va proprio tutto bene” con la faccia di Ozy ci sembrava la sintesi perfetta. C’era anche l’idea di fare come i Pink Floyd con “Atom Heart Mother”, loro avevano messo una mucca in copertina, noi un carlino. Non siamo i Pink Floyd, non siamo nati in Inghilterra, ma a Varese… è quello che ci meritiamo.
Nella vostra carriera avete avuto modo di collaborare con molti artisti di rilievo: Davide Toffolo, Rocco Tanica, Roberto Freak Antoni e molti altri. C’è qualcuno in particolare con cui vorreste collaborare ora? Magari proprio Elton Novara, con il quale porti in scena il “Karaoke di Ariele Frizzante”?
Devo dire che “Federico Tre e il Destino Infausto”è stato un apice che riteniamo irraggiungibile, era un concept dedicato a quegli anni e volevamo collaborare con artisti che avevano vissuto quegli anni e lo abbiamo fatto. Quindi ora abbiamo un po’ smesso con la ricerca e stiamo cercando altre traiettorie. Per quanto riguarda Elton Novara potrebbero esserci delle sorprese, probabilmente faremo qualcosa con lui, ma non posso svelare altro.
Voi siete stati tra gli esponenti principali della scena punk che si è sviluppata a Varese negli anni Novanta. Da allora sono passati tanti anni e sono cambiate tante cose, ma qual è lo stato della musica Punk in Italia nel 2020?
Il fatto che fossimo in quella scena è stato casuale. La rivoluzione digitale ha scardinato qualsiasi tipo di meccanismo e ha reso gli anni Novanta e oggi due universi molto diversi. Noi proseguiamo un percorso. Il lato più industriale dei nostri dischi, non ci è mai interessato particolarmente. La nostra idea è sempre stata quella dell’autoproduzione. Prima era un po’ più divertente perché si potevano costruire le cose. Noi proseguiamo quel filone, a noi interessa costruire il vinile. Lo costruiamo come dei fabbri. In un mondo che oramai è completamente digitale, sappiamo che è anacronistico, ma non ce ne frega!
Ora una domanda difficile: quando potremo ascoltare i PAY live?
Be’ in questo momento è impossibile rispondere. Direi il prima possibile. Stiamo ipotizzando di riprendere il concerto alle Cantine Coopuf, dopodiché siamo sulla piazza e da qualche parte andreamo a suonare. Sicuramente faremo una data a Varese.