Pietro De Marchi – La carta delle arance
Pietro De Marchi – La carta delle arance
Quella carta velina variopinta,
frusciante tra le dita
di chi la distendeva, la stirava con cura,
specie negli angoli, per innalzare
sotto i nostri occhi un fragile cilindro,
una precaria torre e poi incendiarla
con uno zolfanello, sulla cima;
e noi che aspettavamo intenti
di vederlo, quel sole di Sicilia
stampato sulla carta, sollevarsi
dal piatto con scrollo leggero
tramutantesi poi in volo tremulo –
Ma più saliva più si consumava,
e, rimasto un istante sospeso nell’aria,
ecco un pezzo di sole annerito,
un frammento di torre in fiamme
ricadere sul piatto;
e allora, mentre ancora volteggiavano
sopra di noi coriandoli di carta strinata,
anche senza più fame
chiedevo un’altra arancia da sbucciare,
imploravo di rifarlo, ripeterlo,
quel gioco col fuoco.
La letteratura ha un dono, quello di dipingere il mondo, la vita in ogni suo aspetto, e salvarlo dall’oblio. Pietro De Marchi (1958) riesce dare uno spazio a tutte quelle voci che desiderano essere accolte, amate e salvate, attraverso una serie di testimonianze che si susseguono sommandosi l’una con l’altra. Immagini, punti di vista e modi di vivere la vita diversi, raccontati attraverso la voce dei conoscenti, dei ricordi, dei grandi personaggi letterari e del mondo stesso. Tanti sono anche i temi trattati: la guerra e la morte, la famiglia e i ricordi, la lingua e la scrittura, le prospettive e la crescita. Lo scopo di De Marchi è quello di creare un “catalogo” della vita, che dia a lui e agli altri la possibilità di riflettere e cambiare prospettiva, per vedere il mondo diversamente e saperlo ricreare: Lo sapevano bene anche gli allievi / dei Vecchi Maestri fiamminghi: / tutto dipende dal punto / dove si posa lo sguardo.
Il mondo è ricoperto di parole / e non di tutte si cita l’autore. / Così non sappiamo chi abbia scritto / questa preghiera degna di un editto: / “Si benedica la morte e la vita / delle persone semplici e buone”. / Si legge su una lapide annerita / di un vecchio cimitero senza nome. / Il mondo è pieno di gente / di cui nessuno sa niente.