Scopare – Canzoni per

Artista: Canzoni per
Album: Scopare
Etichetta: Pezzi Dischi
Voto: 6,5/10

Quando esattamente l’Indie italiano ha smesso di raccontare una storia inedita per divenire la parodia di se stesso? E’ stato dopo l’ennesimo epigone di Calcutta o era già tutto bruciato nel momento in cui è apparso il primo video tutorial satirico che spiegava come confezionare la hit perfetta per sfondare? Di sicuro cíò che con questo progetto del collettivo Canzoni per si è raggiunto il livello massimo di un discorso che, oltre a farsi manieristico, è oggi divenuto pure meta poetico.

“Scopare” è il primo capitolo di una serie di opere brevi che si propongono di esplorare linguaggi e stilemi della canzone Indie, nella consapevolezza che anch’essa, come tutte le forme artistiche, tende inevitabilmente a cristallizzarsi in forme artificiose.

Diciamoci la verità, la scheda di presentazione non fa venire voglia di approfondire la vicenda. Poi però si decide di farlo lo stesso e si scopre che non è stata una cattiva idea. Al di là dell’artificiosità e della pretestuosità della cosa, queste dieci canzoni sono ben confezionate da gente che sa utilizzare gli strumenti a propria disposizione. Quasi fosse una versione It Pop delle opere di Stephin Merritt (perdonatemi di averlo tirato in ballo) questi bozzetti elettroacustici, con una leggera spruzzata di elettronica e qualche timida incursione cameristica (vedi il piano e il violoncello di Donnie Darko) offrono variazioni sul tema, più che sul sesso, come il titolo farebbe supporre, sui rapporti di coppia e su come separazioni, ferite e rimpianti possano generare narrazioni.

Le citazioni e i rimandi sono parecchi, non per forza di cose legati ai suoni dell’ultimo lustro (Nel vento d’ottobre recupera una certa indolenza di stampo ottantiano, mentre Anche in un posto triste sembra una rilettura per Synth del repertorio de Le Luci della centrale elettrica).
Ovviamente si gioca con gli stereotipi: La classica fica Indie è una fin troppo facile allusione ai canoni di bellezza lanciati dagli ultimi videoclip, Donnie Darko è uno di quei titoli ammiccanti di cui ormai siamo strapieni, mentre la title track gioca coi luoghi comuni del Rap, pur all’interno di una struttura prevalentemente acustica e scanzonata. Per non parlare della cassa dritta su 7 ore di techno, che compare al punto giusto per ribadire il concetto (peraltro anche il pezzo gioca su una metafora perfettamente inserita su quel tipo di linguaggio).

Ribadisco: per come è presentato, il progetto si presta a ridicolizzazioni e facili ironie. All’atto pratico però è una scrittura solida e sufficientemente ispirata, anche se ovviamente troppo dentro i canoni di genere, perchè possa essere fruibile da un pubblico trasversale. Attendiamo il prossimo capitolo.

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