The Ballroom Thieves – Unlovely
Artista: The Ballroom Thieves
Album: Unlovely
Etichetta: Nettwerk
Voto: 8/10
Calin “Callie” Peters (voce, violoncello, basso), Martin Earley (voce, chitarra) e Devin Mauch (voce e percussioni) sono i The Ballroom Thieves.
Originari di Boston, il trio si è formato nel 2010 e ha già pubblicato due lavori con un’identità stilistica fortemente riconducibile al movimento indie. Lo scorso 14 febbraio (data da molti amata e odiata allo stesso tempo), è uscito il loro terzo album in studio intitolato “Unlovely”.
Mantenendo comunque una linea stilistica simile alle precedenti produzioni, i tre per questo disco optano per una comunicazione più diretta dei testi, un mix che definirei “di insolenza e sfacciataggine”. Il gruppo cerca di inseguire una commistione tra passato e presente, tra chitarre in evidenza e melodie retrò. All’interno dell’album troviamo ben undici canzoni che si presentano come delle veloci pennellate che pescano da una tavolozza colorata e brillante. “Unlovely” disegna una propria dimensione stilistica, passando da sonorità acustiche a momenti più “rock” dal sapore vintage. In questo “viaggio” si alternano due voci: una maschile e una femminile, entrambe leggere ma dalla ben celata aggressività.
Ad aprire l’album troviamo la title track Unlovely, una canzone dalla dolcezza infinita, con un gioco di cori che fanno da cornice abbellendo il tutto con gran classe.
Homme run, invece, è una traccia suonata totalmente in acustico, con una chitarra che è l’asse portante di tutto il pezzo. Tuttavia, dietro a quest’apparente calma, si nasconde un testo che esprime rabbia e disgusto verso lo status quo odierno.
Love is easy e Tenebrist, sono brani che fanno riflettere sulla formazione delle identità individuali, evidenziando i dubbi di come questa si possa plasmare in un periodo storico come quello di oggi. Interessante è inoltre l’utilizzo degli archi, presenti per esempio nella traccia numero cinque Don’t wanna dance, che donano al pezzo una bellissima vena malinconica.
“Unlovely” vuole farci riflettere, esprimendo sentimenti e idee politiche, dietro un sound apparentemente rilassante e onirico.