The Heart and The Void – Intervista ad Enrico Spanu
Lo scorso 18 marzo siamo stati “in trasferta domenicale” al Circolo Arci Mingus di Carnate (MB) per assistere al concerto di Enrico Spanu con il suo interessante progetto The Heart and the Void. E’ stata una buona occasione per fare qualche domanda e conoscere qualcosa in più sulla “vita artistica” del cantautore sardo impegnato in un tour di ben nove date in tutta Italia.
1- Ciao Enrico, vuoi parlarci del tuo progetto The Heart and The void? Come e quando è nato?
Il progetto The Heart and the Void nasce circa sei anni fa, in un periodo durante il quale suonavo in una indie-rock band. Avendo sempre coltivato la passione per musica acustica, non avevo mai preso in considerazione l’idea di suonare dal vivo le mie canzoni, completamente da solo e senza le distorsioni “rumorose”, che avevano caratterizzato i miei trascorsi musicali. Ho iniziato ad esibirmi in Sardegna e successivamente si sono presentate occasione per farlo anche altrove.
2- Il tuo sound è caratterizzato dall’uso del fingerpicking e da melodie molto orecchiabili di matrice britpop. Pensi di rispecchiarti in qualche modo nel movimento anni’90 che ha reso famose band come Oasis e Blur? Oppure è un qualcosa del tutto casuale?
Credo che ci sia un’influenza, dei riferimenti musicali, soprattutto da parte degli Oasis, perché sono stati uno dei miei gruppi preferiti in assoluto, con cui son cresciuto. Ovviamente, prima ho scoperto i Beatles e immediatamente dopo ho prestato la mia attenzione ai dischi dei fratelli Gallagher. Nonostante mi piaccia molto tutto il filone acustico, folk penso di aver appreso molto anche dal punk rock, che mi ha comunque segnato. Credo, inoltre, che quest’ultima impronta che possa ritrovarsi nelle mie canzoni.
3- In passato hai girato la penisola con più di 140 date e hai aperto ad artisti del calibro di Miles Kane e CallMeKat. Vuoi parlarci di queste esperienze?
Il concerto di apertura a Miles Keane: di certo, è stato quello più imponente tra tutte le mie date precedenti. Ricordo di aver provato emozioni positive, soprattutto perché, per una volta, il pubblico presente sembrava abituato all’ascolto di un determinato genere di musica, non propriamente nelle corde dello stile italiano. Ho vissuto altre esperienze simili, anche per quel che riguarda l’importanza di progetti considerevoli; mi sono imbattuto in un pubblico interessato, determinato ad ascoltare e scoprire qualcosa di nuovo, inusuale. Molto spesso, invece, risulta difficile mettere in connessione la platea con quello che stai suonando, perché essendo sardo e cantando in inglese rischi che il tutto non venga preso sul serio.
4- Il tuo nuovo disco The Loneliest of Wars sta già riscuotendo diversi apprezzamenti da parte di pubblico e critica (lo abbiamo recensito anche noi sulle pagine di VivaMag). Vuoi parlarci dell’esperienza di composizione e studio? Cosa cambia rispetto ai tuoi precedenti lavori Like a Dancer e A Softer Skin?
Per quel che riguarda i due EP precedenti, credo ci fosse una concentrazione su me stesso e che fossero minimali, rispetto al mio ultimo lavoro The Loneliest of Wars che per alcuni versi appare più ragionato, più studiato e realizzato con la calma necessaria. Ho lavorato a stretto contatto con il produttore del disco, che tra l’altro è un mio carissimo amico, e ci siamo influenzati a vicenda durante il periodo trascorso insieme in studio. La lavorazione è risultata molto più lenta, meno istintiva e questo ha permesso di esprimere al meglio, nei brani, il mio modo di suonare. Insomma, questo album mi rappresenta di certo meglio rispetto ai lavori precedenti.
5- Che tipo di musica ascolti abitualmente?
Principalmente molti cantautori, americani e inglesi; il mio interesse si sposta su tutta la scena, se così si può chiamare, “folk moderna”. Ascolto un po’ di tutto, per quanto non voglia dire nulla, ma a volte mi imbatto in produzioni pop, commerciali, giusto per una mia curiosità personale che però ha vita breve. Recentemente ho scoperto una canzone, Bike Dream, di Rostam un membro dei Vampire Weekend; la versione acustica mi fa letteralmente impazzire, quella originale non riesco ad ascoltarla. Inoltre, apprezzo moltissimo Ben Howard e Damien Rice, sempre legati molto al suono pulito della chitarra acustica.
6- Che cosa ne pensi della scena musicale sarda? Quali difficoltà hanno gli artisti provenienti dalla tua regione per promuovere la propria musica live?
La difficoltà risiede negli spostamenti. Questo risulta essere ancora l’ostacolo più insormontabile per gli artisti sardi. Ho potuto constatare che da noi, in Sardegna, esiste una scena musicale, a mio parere, incredibile, molto viva, con una qualità elevata. Risulta, però, difficoltoso portare altrove questo bagaglio musicale, perché il tutto è legato a costi improponibili: io stesso ho avuto difficoltà in merito. Anche un disco fatto bene, un buon disco, si scontrerà inevitabilmente con le difficoltà di farsi notare, di emergere in mezzo a tante altre produzioni, che ogni giorno spuntano come funghi. Servirebbe una spinta “magica” o un aiuto consistente, per evidenziare il proprio lavoro e quello di tutti i grandi artisti sardi. Sarò di parte, ma ci sono gruppi e cantautori di gran spessore; dico questo con cognizione di causa, avendo girato l’Italia ed essendomi confrontato con altri musicisti della penisola.
7- Quali progetti hai per l’immediato futuro?
Vorrei suonare il più possibile per far conoscere il disco, al di là dei confini della mia regione; avendo pubblicato l’album a gennaio, credo sia la soluzione migliore, quella di portarlo in “giro”. In realtà ho pronto un singolo inedito e ci sono già delle canzoni, che finiranno nel disco nuovo, ma non so quando riuscirò a farlo, perché risulta complesso registrare, soprattutto da soli e poi, in secondo luogo, perché ci sono notevoli costi da sostenere. Questi sono tutti progetti che spero mi aiutino a far conoscere la mia musica ovunque.
8- Cosa ti piacerebbe succedesse durante il tour promozionale del tuo nuovo disco? Sogni qualche jam session improvvisata con qualche artista o cos’altro?
Non ho pianificato ancora nulla, ma ho un desiderio che vorrei poter realizzare: fare qualche concerto con la band che mi ha accompagnato in due live, in cui ho presentato il mio disco, a Cagliari e a Sassari. Questa è un’esperienza che non avevo mai voluto fare prima d’ora: esibirmi con un gruppo al completo. Credo sia stato divertente e penso sarebbe costruttivo portare in giro un progetto di tale portata, ma come anticipavo prima, ci sarebbero troppe difficoltà economiche, se dovessimo far viaggiare una band al di fuori della Sardegna. Però, ecco, questo e ciò che mi piacerebbe davvero poter fare.
Melo Sarnicola