Un addio a Luis Sepúlveda
Se la memoria non mi inganna, il primo libro che io abbia mai letto in vita mia è stato “Il piccolo principe”. Il secondo, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”. Pochi giorni fa ci ha lasciato il grande scrittore cileno Luis Sepúlveda (1949-2020), autore di numerosi best-seller e dissidente ai tempi del Cile di Pinochet. Capace di adattare la sua scrittura a lettori di tutte le età, Sepúlveda è famoso anche per i romantici versi della poesia La más bella historia de amor – La più bella storia d’amore, dedicata alla moglie Carmen e inclusa nella raccolta “Poesie senza Patria” (Guanda, 2003).
L’ultima nota del tuo addio
mi disse che non sapevo nulla
e che arrivavo
al tempo necessario
di imparare i perché della materia.
Così, fra pietra e pietra
seppi che sommare è unire
e che sottrarre ci lascia
soli e vuoti.
Che i colori riflettono
l’ingenua volontà dell’occhio.
Che i solfeggi e i sol
raddoppiano la fame dell’orecchio
Che è la strada e la polvere
la ragione dei passi.
Che la via più breve
fra due punti
è il giro che li unisce
in un abbraccio sorpreso.
Che due più due
può essere un pezzo di Vivaldi.
Che i geni gentili
stanno nelle bottiglie di buon vino.
Una volta imparato tutto questo
tornai a disfare l’eco del tuo addio
e al suo posto palpitante scrissi
la Più Bella Storia d’Amore
ma, come dice l’adagio,
non si finisce mai
d’imparare e aver dubbi.
Così, ancora una volta
facilmente come nasce una rosa
o si morde la coda un a stella cadente,
seppi che la mia opera era scritta
perché La Più Bella Storia d’Amore
è possibile solo
nella serena e inquietante
calligrafia dei tuoi occhi.
Ciao, vecchio!